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Quella di Gostanza, popolana accusata di stregoneria e assolta al termine di un serrato processo, è la storia di molte donne delle campagne toscane alla fine del 500: "spaccato" di un mondo fatto di superstizioni e di paure, di tradizioni e di novità, di fantasie e di repressione.
Caratteristica di alcune di queste cause è che non si tratta di veri e propri processi nei confronti di una sola persona, ma si presentano in forma di processi collettivi, intentati sulla base delle accuse che i membri di quelle comunità si facevano reciprocamente.
Questo sistema di denunzie, così come quelle di cui è oggetto Gostanza da parte dei suoi compaesani, sembra evidenziare la conflittualità dei rapporti relazionali in un microcosmo in cui anche chi, come lei, ha una posizione marginale, appare tuttavia un pericolo per una comunità che non la riconosce come suo membro, a causa sia del suo potere di balia di dare la vita e la morte, sai della sua condizione di itinerante tra i paesi del circondario.
D'altronde, chi "sa curare" sa anche "uccidere" :questi caratteri reversibili della stregoneria si riconfermeranno in più circostanze. Gostanza,levatrice e vedova, è inizialmente ricercata e rispettata come "guaritrice", ma è pur sempre una donna,isolata socialmente e non legata con forti radici a quel territorio: possibile soggetto "a rischio", in caso di bisogno, di un capro espiatorio.
Il processo persenta in sostanza le caratteristiche ricorrenti nei casi di stregoneria di quel periodo, come si può notare nei casi, ormai molto studiati, di Modena, Genova, Venezia, del Friuli e del Lazio.
Il movente è rappresentato da una o più denunzie in base alle quali si procede all'arresto dell'imputata.
All'inizio la donna nega qualsiasi accusa di praticare malefici e dichiara, invece, di medicare in nome di Dio.
Se talvolta si vendica facendo malìe è per ripararsi dai sopruso di cui si sente vittima: in questo senso la strogoneria viene ad essere un'arma di difesa nelle contese sociali e l'accusa di stregoneria uno strumento di salvaguardia e di denunzia da parte della comunità nel controllo dei conflitti interni alla collettività stessa.
La fama di strega porterà Gostanza a una forma di isolamento e di emarginazione, che tenderà ad esaltare la singolarità delle sue abitudini e del suo mestiere e ad alimentare, dunque il sospetto. Gostanza "non sa" di essere una strega e rifiuta di venir così definita: è solo verso la fine del processo, quando le verrà chiesto se crede di essere una strega, che essa risponderà affermativamente, a patto che essere strega significhi andare alla "città del Diavolo ", succhiare il sangue dei bambini e fare le malìe.
La limitazione sembra escludere propriamente l'apostasia e l'eresia.

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